Alle origini della Federazione:
la Lega delle Società per la cremazione
Agli inizi degli anni Ottanta dell’Ottocento il movimento cremazionista poteva contare su un diffuso associazionismo e, secondo la stima di Gaetano Pini, su circa seimila iscritti, dato di notevole importanza se ci si sofferma sul fatto che la prima cremazione in Italia era avvenuta solo pochi anni prima, nel 1875, a Milano.
La presenza di ben 24 Società per la cremazione, anche se concentrate solo nel Nord e Centro Italia, fece maturare la decisione di dare vita a una lega nazionale. Il congresso costitutivo si svolse a Modena nel settembre 1882, non a caso in stretta collaborazione con l’Associazione medica italiana, ulteriore conferma del ruolo svolto dalla classe medica per lo sviluppo dell’associazionismo cremazionista.
Al termine dei lavori, incentrati sul modo di coordinare gli sforzi per ottenere il pieno riconoscimento legislativo della cremazione, rafforzare la collaborazione tra le Socrem esistenti e promuovere la nascita di forme associative anche nell’Italia meridionale, venne approvato lo statuto, che sancì la nascita ufficiale della Lega delle Società per la cremazione.
Il congresso si chiuse con una vibrata protesta per la mancata cremazione di Giuseppe Garibaldi e la richiesta di una mobilitazione affinché le volontà dell’eroe dei due mondi fossero rispettate, con la consapevolezza che, come si legge in un documento del comitato centrale della Lega, avrebbe potuto esercitare influenza “grandissima sul movimento delle opinioni morali del popolo nostro”.
La costituzione della Lega, come ha sottolineato Fulvio Conti nella sua ricostruzione della storia della cremazione in Italia, rappresentò una tappa importante nella storia del movimento cremazionista italiano: ne decretò l’avvenuto consolidamento, favorì il coordinamento delle attività di pressione sui corpi legislativi e delle iniziative di propaganda presso l’opinione pubblica, pose le basi per l’ulteriore diramazione delle strutture associative che si verificò nel periodo immediatamente successivo.
Gli effetti di un maggior coordinamento, della creazione di nuove Socrem affiliate alla Lega e soprattutto della costruzione di nuovi forni crematori, non tardarono a manifestarsi: a soli quattro anni di distanza, infatti, in occasione del suo secondo Congresso a Firenze, il Comitato centrale poteva affermare con orgoglio che in Italia erano operanti 36 associazioni ed erano attivi 14 forni crematori.
Contemporaneamente alla crescita delle associazioni e alla diffusione sul territorio degli impianti di cremazione, si coronava nel 1888, con l’istituzione del nuovo codice sanitario, l’impegno della Lega per il pieno riconoscimento giuridico della pratica della cremazione, anche se non mancarono accorate proteste contro le tasse governative e municipali che di fatto ostacolavano il rito crematorio.
Paradossalmente la crescita dell’associazionismo cremazionista, che nel 1890 contava su 45 sodalizi, coincise con la crisi organizzativa della Lega, non più in grado di soddisfare le richieste di sostegno che provenivano dalle società più giovani, e indebolita da i dissidi tra chi auspicava un maggior impegno anticlericale e coloro che cercavano di mitigare lo scontro con la Chiesa cattolica.
Di fatto, anche se non fu mai decretato ufficialmente lo scioglimento, dopo il congresso del 1890 che si tenne a Milano la Lega cessò completamente le attività, e per un decennio il movimento cremazionista ebbe un momento di mancata espansione, da imputare principalmente all’affievolirsi dell’entusiasmo che aveva contraddistinto gli anni precedenti, anche in conseguenza di un certo appagamento che le conquiste legislative e la diffusione degli impianti avevano generato. Bisognerà aspettare il nuovo secolo e un rinnovato impegno delle Società per la cremazione per creare le basi per la rinascita di un nuovo organismo nazionale, la Federazione Italiana per la Cremazione, che nascerà a Novara nel 1906.
Dopo l’interruzione delle attività della Lega delle società di cremazione, anche se non ci fu mai un atto di scioglimento, il movimento cremazionista tentò di riprendere un percorso di aggregazione nazionale durante i primi anni del Novecento.
Un primo segnale che i tempi erano maturi fu l’appello che la Socrem genovese inviò nel 1905 alla consorelle italiane affinchè i rappresentanti del mondo cremazionista si riunissero per celebrare il centenario della nascita di Mazzini nel cimitero di Staglieno.
In quella riunione, oltre a riprendere i temi cari alla Lega (l’auspicio di una maggiore attenzione del governo nei confronti della cremazione e la richiesta di abolizione dei balzelli sul trasporto dei defunti e delle ceneri), si auspicava di dare vita a una nuova Federazione delle Società Italiane di Cremazione, che riprendesse con vigore, a livello nazionale, la battaglia cremazionista.
L’appello venne recepito dalla Socrem di Novara che il 20 settembre 1906 -data simbolicamente importante per gli ideali laici e risorgimentali – convocò l’assemblea costituente della Federazione Italiana per la Cremazione.
Scorrendo i verbali dell’incontro si evince che il programma e la struttura organizzativa ricalcavano quelli che avevano caratterizzato l’esperienza della Lega, anche se vennero introdotte due notevoli novità:
- La prima riguardava i criteri d’ammissione: la possibilità d’iscriversi veniva allargata anche ai municipi che gestivano direttamente i forni crematori.
- La seconda affrontava un problema particolarmente spinoso, quello delle quote d’ammissione e della loro riscossione, che era in parte all’origine del fallimento della prima esperienza associativa a livello nazionale.
La nuova Federazione, sotto la guida del professor Luigi Pagliani, interpretò con entusiasmo e impegno il mandato del congresso.Forte dei suoi quasi quattromila soci, la Federazione portò avanti fino all’avvento del fascismo un intenso lavoro di diffusione dell’ideale cremazionista, cercando di allargare la base sociale dei propri iscritti, sensibilizzando i ceti popolari, offrendo loro facilitazioni di varia natura all’atto dell’iscrizione, incentivando la pratica crematoria attraverso l’acquisto di “forni mobili” per raggiungere le località dove non esistevano forni.
Il periodo della guerra e gli anni che immediatamente seguirono portarono naturalmente a un riflusso delle attività di propaganda e a un sostanziale arresto delle rivendicazioni nei confronti dello Stato sul piano della legislazione funeraria e dell’agevolazione della cremazione.
Pagliani, accorto ed esperto uomo politico (non a caso Crispi lo aveva nominato Direttore della Sanità pubblica, carica corrispondente all’attuale Ministro della Salute) capì che con l’avvento del fascismo e soprattutto col riavvicinamento fra lo Stato italiano e il Vaticano, sancito dai Patti Lateranensi, l’atteggiamento nei confronti del mondo cremazionista sarebbe peggiorato, e indicò ai suoi successori l’obiettivo minimo della salvaguardia delle conquiste acquisite, limitando, se non abolendo, la polemica anticlericale e non presentando nuove richieste.
“Si deve andare molto cauti nel chiedere riforme di leggi e di regolamenti nella nostra materia così delicata… Non sempre ciò che a noi pare più evidente nella sua giustizia, ispira eguale convinzione in chi può legiferare, pur essendo nella migliore buona fede”.
I presagi dell’anziano collaboratore di Crispi e presidente della Società per la cremazione di Torino puntualmente si verificarono nel ventennio fascista, che vide campagne stampa in cui il rito crematorio veniva denigrato, e iniziative di podestà locali che impedirono la cremazione, come a Novara, o fecero distruggere i tempi crematori per non urtare la sensibilità delle gerarchie cattoliche, che ribadivano la loro assoluta giurisdizione nel campo funerario, come nel caso di Mantova e Ferrara.
In questo clima, seppur con molta cautela, la Federazione fece sempre sentire la propria voce, pur nella consapevolezza di vivere in un ambiente ostile.
Durante il periodo bellico l’attività della Federazione risultò assai limitata ma questo non impedì di mantenere un proficuo contatto con le Socrem federate e nel febbraio del 1941 formulò un’inchiesta tra le stesse proponendo il seguente quesito “Perché voglio essere cremato”.
L’iniziativa ebbe una buona accoglienza e le risposte palesarono i concetti che ispiravano la scelta del rito cremazionista: l’igiene, un rito antico e civile, la limitazione degli spazi cimiteriali, la non incompatibilità con il sentimento religioso.
Nel secondo dopoguerra l’impegno riprese con vigore e la Federazione incominciò a partecipare ad incontri internazionali a partire dal primo congresso svoltosi in Svizzera negli anni Cinquanta.
Nel 1999 venne eletto presidente l’avv. Ruggero Morelli di Livorno,
nel 2001 l’ing. Luciano Scagliarini, per più di un decennio presidente della Società per la Cremazione di Torino,
quindi Bruno Massimo Albarelli, presidente dell’Associazione Veronese per la Cremazione.
Dal 2007 al 2013, per due mandati consecutivi l’arch. Guido Peagno, allora presidente della Società per la Cremazione di Novara.
Dal 2013 Franco Lapini, presidente della Socrem fiorentina.
Mario Spadini, presidente della Socrem Pavese subentrato nella carica fino al 2019,
dal 2020 e fine a maggio 2023 la Dott.ssa Linda Natalini, presidente della Associazione Viterbese per la cremazione prima donna a dirigere il nostro sodalizio.
Da maggio 2023, attualmente in carica, Franco Benini Presidente della Società Mantovana per la Cremazione.
Marco Novarino
Università di Torino e altri.